John rubava le perle alle ostriche di professione e poi le dava ai porci, per farsi bello.
Aveva messo su una piccola azienda nella sua testa malandata. Due scrivanie, una per sé e una per il suo doppio. Dirigente e Dipendente. Incapace di allevarne di proprie per pigrizia o per inettitudine passava i suoi giorni a svuotare le ostriche più belle che il mare di Francia avesse mai prodotto.
Il rito mistico dell'apertura. Che specchi bellissimi erano.
John rubava le perle alle ostriche di professione e poi le dava ai porci, per farsi bello.
Tutto baldanzoso passeggiava su e giù per la città rigonfio di sfere luccicanti, ruotando la sua coda di gusci di mollusco al passare delle porcelline che dal suo effimero brillare erano proprio affascinate.
- Oh John ma come sono belle le tue perle, quanti splendidi colori hanno! E come le lucidi bene!
E le stupide pulzelle lo guardavano avide e con la bava alla bocca, volevano baciarlo e grugnivano per la sua attenzione. Avevano nomi di fiori, fiori che riempivano d'aria l'ego già gonfio del nostro Lupin.
Ma un bel giorno brillando in riva al mare il furbo s' imbatté in una coltivatrice di ostriche.
Aveva i capelli lunghi e lisci, bagnati dall'acqua di mare. Teneva l'ostrica in mano con cura e delicatezza come fosse un piccolo, prezioso bebè di guscio e di mollusco. John cominciò incuriosito ad osservarla. La ragazza dormiva con loro, cantava, sembrava quasi le sognasse e al tramonto con ogni passante condivideva il suo amore.
Quella sera il tramonto era più bello del solito. Più rosa, più blu, più rosso ancora. Una coperta di cielo distesa sull'acqua. Lei lo colse dietro una roccia. Ormai da tempo si era accorta della sua furtiva presenza.
- L'ostrica sai, è quasi una nuvola di roccia e acqua salata. Desidero morire cosparsa da gusci di ostrica, come violini sulla salma di un direttore d'orchestra. Lo desidero di tutto cuore.
Un po' turbato il giovane John aprì la mano colma delle sue perle rubate e le disse:
- Cosa ne pensi?
Aveva l'orgoglio di un padre negli occhi. La ragazza le prese tra le mani affusolate, levigate con cura dalla dolcezza dell'acqua di mare.
La testa china lasciò che una lacrima scorresse fino alle labbra rosse, in netto contrasto con la sabbia dorata.
D'un tratto la lei tirò su la testa con l'odio negli occhi. La rabbia era tale che il pugno frantumò quelle perle ormai opache, e con i lacrimoni e il musino di chi trova ancora l'infanzia nei primi segni del tempo, aprì la bocca e sussurrò:
- Ad ogni tramonto mi siedo sulla riva con l'unica compagnia della schiuma di mare e ad ogni tramonto giunge un giovane ladro a portarmi le sue sporche perle per osservarle e stimarne il valore. Ma di una cosa voi ladri mai vi curate. L'averle rubate porta via con sé il tempo impiegato per farle crescere, per farle germogliare. Potete concederle ai porci, alle civette, alle galline accovacciate. Nessuno di voi le vedrà mai luccicare, non vedrete mai il loro riflesso.
Si girò e corse verso il mare. Posò la schiena e si lasciò trasportare via dalla corrente.
L'acqua la prese, inghiottita dalla sua bocca salata. La mattina seguente John tornò all'alba sperando di rivederla ma nel punto in cui lei si era abbandonata c'era qualcosa di nuovo. Una roccia liscia, riflettente, rosa, blu e bianca. John disperato vi mise le mani addosso e di colpo vi restò attaccato. Compreso adesso il suo errore lasciò che il corpo aderisse del tutto alla roccia. Rimase con lei.
Se solo nella vita avesse avuto prima, anche solo per un attimo qualcosa di altrettanto autentico e pulito. Come il mare profondo e blu.
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