Anna ha creduto che sarebbe stato bello tornare ad avere delle pareti intorno. Le sue, le tue, di gesso, di legno, anche di stoffa.
Da quando si sono abituati a certi ritmi le loro peculiarità sembrano aver trovato in quelle dell'altro uno stato di pace assoluta. Lei lo sveglia e lo incoraggia e in cambio lui le toglie le ansie, la vede meno cupa di quanto sia in realtà e la fa brillare come una lucciola.
Chissà se a lui piacciono le lucciole. Sta cercando da giorni il nomignolo più adatto per addolcire la durezza di un'abbreviazione. Lucciola non lo sarebbe affatto ma non è una sua colpa, sono le convenzioni sociali a sminuire la grazia di questo animale.
Così Anna ha creduto che sarebbe stato bello tornare ad avere delle pareti intorno. Pareti di uomini che hanno attutito le loro cadute, quelle che le hanno causate e quelle che l'hanno trattenuto quando sulle sue gambe traballanti l'aveva tirata su solo per farle sentire il suono acceso di quel "lampo urlante".
Li avevo visti delusi alla fine dell'ultimo pezzo ma poi al rientro sul palco le chitarre hanno ricordato loro il numero di una stanza d'albergo in cui non sono mai stati ma che forse hanno più e più volte immaginato.
Una stanza d'albergo senza troppe coperte ma una bella luce dalle fessurine delle persiane.
Una 505 per attenderlo che ci metta 7 ore di volo o 45 minuti in macchina. Una 505 per restare sdraiata su un fianco con le mani tra le cosce e il pensiero fisso sulle lancette.
Anna guarda la porta della stanza e sorride, pronta ad accoglierlo di nuovo con un arrivederci.