martedì 29 marzo 2011

Ad esempio: fottiti una pietra e poi dimmi se ti è piaciuto.



Ad esempio, prendi me. Sono il contrario di tutto. Non tutto, solo il contrario.
Rispetto una decisione per 10 minuti, vado a mangiare biscotti di nascosto, non scrivo correttamente anzi, faccio un sacco di refusi, rovino lo smalto nel tentativo insano di mangiarmi le unghie e metto le locandine dei film in camera per poi trasformarla in un enorme e osceno ammasso di vestiti.

Ad esempio, prendi te. Sei tutto, non il contrario, ma son certa tu saprai già d'esserlo.
Porti gli occhiali, ma quando vuoi ci vedi benissimo. Citi canzoni che non hai ascoltato e romanzi che non hai letto. Eppur non avresti alcun bisogno di citare, a cantare ti vien già benissimo da te.

Ad esempio, prendi lei. Lei è il niente. E non esiste il contrario del niente.
Ha gli occhi grandi e il cervello anoressico. Per non parlare del rossetto. Hai presente quello che c'è ma non si vede? Ingannevole insomma, come si concerne ad un vero trucco.

Diffidate dalla gente che si auto-definisce solare (questa l'ho già sentita, non è mia, ma è vera).
E diffidate anche da quella che si fa chiamare SEMPLICE. Non ritengo ci sia una sola ragione valida per essere semplici.
Il bello dell'uomo, del suo essere malefico, è la complessità!
E' l'umanità ad essere tutto e il contrario di tutto, non capisci?
Non voglio essere semplice e non voglio essere facile! Voglio continuare a farti paura perchè altrimenti non avrei nulla di diverso da una pietra! Fottiti una pietra e poi vieni a dirmi se ti è piaciuto.
E' così tremendo pensare di poter veder l'inferno più cromatico del paradiso? Che possono farci?
Al massimo ci schiaffano in purgatorio? E sia! Gli indecisi sono comunque più interessanti dei buoni,
almeno loro si pongono delle domande.
E se mi sbaglio su tutto, sti cazzi! Conferma la mia, di regola.

"La distrazione è un'ostruzione alla costruzione"

Ah si?
Mentre continui a cercare di risolvere le tue contraddizioni ricordami di togliere la suoneria del celluare quando sto a lezione.
Io di costruito ho ben poco.
E va bene così.

mercoledì 23 marzo 2011

Anna e il suo Adoratorio.





Non ci sono parole per descrivere come ad Anna piacesse chinarsi su quell' adoratorio. Un tempo le piaceva tantissimo.
Non esistono parole per descrivere la sua dedizione nonostante quel simulacro non le avesse mai dato che illusioni.
In fondo, se ci pensiamo bene è proprio così che funzionano le religioni.
Il fedele va, prega, si batte il petto, manifesta insomma la sua fede in attesa di un segno, di lacrime di sangue, di strani bagliori, di guarigioni improvvise. Ma nulla accade in questo mondo di pietra, di terra, di carne e di cartone.
Nessuna lacrima di sangue per Anna, eppure ne aveva fatte di preghiere.
Più il suo Dio non le rispondeva più forte e implorante si faceva il suo credo.
E giù di vetrate e panche di legno e navate e piccole conche per raccogliere l'acqua Santa, ma nulla. 
Una basilica per nulla. Sarà forse perché il suo (di Divino) non aveva poi un granché di speciale.
Non era inquietante come Shiva, non danzava come Ganesh, non le metteva paura come Anubi e non era neanche puro come la Santa Vergine.
Di dubbi la ragazza ne aveva parecchi, come si addice ad ogni bravo essere umano, ma ormai la sua era diventata una dolce abitudine e da giovane profana non era diventata altro che una comunissima cantilenante fedele praticante.
Ogni tanto, guardando il dipinto che lo ritraeva, si rendeva conto di quanto l'arte moderna alla fine dei conti non le fosse mai piaciuta. E lui di classico aveva ben poco. Solo gli occhi restavano greci seppur intrappolati dalla tela. Sarà per questo che le veniva così complesso, così maledettamente difficile staccarsi.
Negli ultimi tempi però non la trovava più bella come in passato.
Stava lì, immobile sull'abside, senza alcun mutamento. Nemmeno un soffio di vento poteva chiudergli le palpebre. Cominciava a diventare snervante.
- E fa un miracolo su! Dammi un cenno del tuo amore divino, maledizione! -
Qualcuno avrebbe dovuto spiegare alla giovane Anna quei dogmi antipatici che cercano di inculcarti al catechismo per farti credere che la fede da sola possa bastarti. Va a spiegarlo a San Tommaso su!
Lei, il suo credo, se l'era fatto tutto a mano, con i nervi, il sudore e lo sforzo di miliardi di neuroni impazziti. Niente vecchi, nuovi testamenti o troiate varie.
Il suo Dio si che era umano! E come tutti gli umani immobili finisce poi per annoiarti.
Chissà, forse a lungo andare anche il più fascinoso degli dei perde la sua carica di carisma.
Forse i miti autoprodotti non son poi così forti.
O più semplicemente le si son rotte le ginocchia a furia di star china su quell'adoratorio.

martedì 15 marzo 2011

Sono la furia nella tua testa




Deve rimanere lì! Bianco sporco, puro e verginale.
Non ne avrai neanche un assaggio. Deve rimanere nel cassetto. 
Deve mantenere la sua trasparenza.
Devi ricordare il secondo in cui hai chiuso le tue palpebre per non sbavare.
Devi ricordartelo perché odio vederti sbavare. Sbavare come un porco,
un maiale.
Sbavare come tutti gli altri. Sporchi cammelli bavosi!
Devi ricordartelo perché ti rimarrà solo l'odore. Ma non il mio.
L'odore di nuovo, l'odore dell'etichetta. Non ne sentirai il rumore quando l'avrò staccata. 
Non mi sentirai gridare quando sarò eccitata. 
Non ti si rizzeranno i peli perché non mi avrai più toccata.
Devi ricordare perché rimarrai accecato dalla sabbia e dal vento. 
Devi ricordare perché ti si impasterà la bocca. E allora altro che sbavare! 
Ti si asciugherà la lingua che avrei inumidito con tutto il pudore di cui mi hai privata. Ti si asciugherà, ma Io l'avrò asciugata!

"Perchè sono la furia nella tua testa
Sono il furore nel tuo letto
Sono il fantasma nella parte posteriore della testa"


Sono un deserto fatto di due colline. Sono la terra arida e ventosa che non hai esplorato.
Sono ferma sulla carta geografica che hai dimenticato ancora prima di partire.
Sono un deserto fatto di due colline. Sono l'oasi a cui avresti dovuto bere.
Sono sopra la notte e in fondo alla terra. Sono lo scirocco che non ti darà ristoro.

Devi ricordare perché ora mi restano solo le gocce d'acqua sul suolo e sui cactus.
Devi ricordare perché devo tenermi umida. E devo tenermi umida per non sparire.
Devi ricordartele le mie colline perché vi sono morta, aspettando infatuata che tu vi venga a bere.

sabato 12 marzo 2011

Lavoro interinale


Be my, be my, be my, little rock 'n' roll queen!
Io si che sono un maledetto aggeggio rocknrolla. Il problema è che sto sempre fuori posto.
Sono piena di botte. Lividi assolutamente invisibili s'intende, ma son pur sempre lividi!
Alle 9 meno un quarto inizio a lavorare. Che poi non capisco proprio perchè il capo abbia scelto le 9 meno un quarto. L'ipotesi più plausibile è che si senta meno in colpa. Come i vestiti a 99 euro e 99 centesimi.
Alla fine non è così stressante come lavoro. Dopo il picco mattutino, un intenso picco mattunino, mi lascia fortunatamente in pace. A volte mi richiama al pomeriggio. Dopo pranzo di solito. Ma non è che sia un tipo che ci tiene particolarmente agli orari. Una volta si era decisa per Where my love like heaven ma al tempo era felice. E' lunatica. Totalmente fuori, e non posso neanche imputare la cosa alle crisi di mezza età. Non sono quelle a destabilizzarla. E' arrivata alla sua posizione in brevissimo tempo ma non è mica l'unica!
Insomma quando c'era Donovan mi sentivo molto più a mio agio. Non che i Subways mi dispiacciano ma in quel ritornello si sente che è infelice. O perlomeno frustrata.
Avrebbe potuto scegliere Mary. Quella si che è una track che mi si addice di più.

Mary è la mia migliore amica, lei mi prepara il thè. Mi fa stare da lei quando non c'è nessun altro posto dove andare.

Dicevo, prima del mio divagare musicale (che ci volete fare è il mio lavoro) che mi sento sempre fuori posto.
Non ho un ufficio stabile e odio quando mi prende e mi strilla! Sono io quella strilla! Io!
A volte non mi fa lavorare per giorni ed è lì che mi preoccupo. Le sorti della mia sopravvivenza stanno tutte nel suo umore serale. Preferisco di gran lunga quando alla sera chiama Mary Jane, una vera professionista. Dopo la seduta con Mj dorme sempre sonni tranquilli e per me appena sorge il sole è tutto più semplice.
Non sono tutelata anzi, la mia è una categoria decisamente bistrattata. Neanche negli anni 80 lottavano per noi. Sarà perché la gente in quel periodo era davvero incazzata col mondo. Figurati se pensava a figure professionali come la mia.
Domani sono libera. Una botta in meno. Ma lunedì si torna alle dipendenze di quella maledetta e Dio solo sa quanto è fottutamente difficile essere una sveglia al giorno d'oggi.

martedì 8 marzo 2011

Andata e Ritorno con delitto





Bang bang, he shot me down
Bang bang, I hit the ground
Bang bang, that awful sound
Bang bang, my baby shot me down

Dio che soffio al cuore! Mia si avvicina al telefono che ormai non squilla più per contemplarne la pace.
La sua casella di posta è invece un bel carro di carnevale.
Fragoroso, caciarone, rumoroso carro di carnevale.
Non le piace il carnevale ma le frittelle si. Conosce solo un costume adatto per ogni occasione: il pigiama.
Ripetere a memoria le battute di un film a basso costo, magari ambientato in una città del nord Italia e perché no, decisamente macchiettistico.
BERLUSCONI! BERLUSCONI NO! BERLUSCONI BERLUSCONI NO!
Mmm deliziosamente macchiettistico.
Le piace la sua playlist della buona notte. Si chiama "softly", per dormire morbidamente.
Softly è una parola che le piace e le piace scrivere cosa le piace.
MI PIACI.
Dopo quella giornata ha lo stomaco chiuso per l'emozione. Succhi gastrici banchettanti e ballerini come gli ippopotami di Fantasia. Un baccanale intestinale. Un bel tepore uterino. Una schiena che ha perso la sua spina dorsale.
Per chi si dovesse interessare delle ricerche, datevi pace. E' decisamente sparita, fottuta,
dissolta dopo l'ultima notifica da social network.
Lo stomaco chiuso non le impedisce però di dedicarsi al suo pasto preferito.
LA COLAZIONE DELLA CAMPIONESSA.
Atletica metabolica.
<<  A via del fagiano n.3. Alleniamo la tua pancia! Impara a resistere allo stress da postmodernismo!
Noi si che tempriamo il tuo colon!>>
- n.1 kiwi
- n. 100 ml di latte scremato
- n. 4 biscotti secchi integrali
- n. 1 caffè
Ve ne prego. Non pensateci neanche a farle bere l'acqua la mattina. Dipendesse da lei berrebbe solo tisane e tè nero.
Su su fatti bella. Ma fatti bella per chi?
Si fa bella per se. Deve ancora aspettare per le valanghe di complimenti mirati, costruiti, ben elaborati.
Non pensarci! Se resti un altro minuto in casa mi sverrai sul pavimento!
Clap, clap, clap, bocca aperta, scalino dopo scalino, station to station.
Non ci sono perché, suonava solo bene.
Clap, clap, clap, chiudi la bocca, scalino dopo scalino, station to station.
Siamo quasi alla cima. Ci siamo quasi. Ci siamo quasi....BANG!

Alone sulla schiena al suo ultimo scalino. Le ha fatto una sorpresa.
Il maledetto non ha saputo aspettare.
"Ennesimo caso di cronaca nera a Perugia. Vittima una giovane studentessa che abitava nelle vicinanze del centro storico del capoluogo umbro".
Forse Vespa ci farà un plastico ma in buona sostanza her baby shot her down.

martedì 1 marzo 2011

John che rubava le perle alle ostriche


John rubava le perle alle ostriche di professione e poi le dava ai porci, per farsi bello.
Aveva messo su una piccola azienda nella sua testa malandata. Due scrivanie, una per sé e una per il suo doppio. Dirigente e Dipendente. Incapace di allevarne di proprie per pigrizia o per inettitudine passava i suoi giorni a svuotare le ostriche più belle che il mare di Francia avesse mai prodotto.
Il rito mistico dell'apertura. Che specchi bellissimi erano.
John rubava le perle alle ostriche di professione e poi le dava ai porci, per farsi bello.
Tutto baldanzoso passeggiava su e giù per la città rigonfio di sfere luccicanti, ruotando la sua coda di gusci di mollusco al passare delle porcelline che dal suo effimero brillare erano proprio affascinate.
- Oh John ma come sono belle le tue perle, quanti splendidi colori hanno! E come le lucidi bene!
E le stupide pulzelle lo guardavano avide e con la bava alla bocca, volevano baciarlo e grugnivano per la sua attenzione. Avevano nomi di fiori, fiori che riempivano d'aria l'ego già gonfio del nostro Lupin.
Ma un bel giorno brillando in riva al mare il furbo s' imbatté in una coltivatrice di ostriche.
Aveva i capelli lunghi e lisci, bagnati dall'acqua di mare. Teneva l'ostrica in mano con cura e delicatezza come fosse un piccolo, prezioso bebè di guscio e di mollusco. John cominciò incuriosito ad osservarla. La ragazza dormiva con loro, cantava, sembrava quasi le sognasse e al tramonto con ogni passante condivideva il suo amore.
Quella sera il tramonto era più bello del solito. Più rosa, più blu, più rosso ancora. Una coperta di cielo distesa sull'acqua. Lei lo colse dietro una roccia. Ormai da tempo si era accorta della sua furtiva presenza.
- L'ostrica sai, è quasi una nuvola di roccia e acqua salata. Desidero morire cosparsa da gusci di ostrica, come violini sulla salma di un direttore d'orchestra. Lo desidero di tutto cuore.
Un po' turbato il giovane John aprì la mano colma delle sue perle rubate e le disse:
- Cosa ne pensi?
Aveva l'orgoglio di un padre negli occhi. La ragazza le prese tra le mani affusolate, levigate con cura dalla dolcezza dell'acqua di mare.
La testa china lasciò che una lacrima scorresse fino alle labbra rosse, in netto contrasto con la sabbia dorata.
D'un tratto la lei tirò su la testa con l'odio negli occhi. La rabbia era tale che il pugno frantumò quelle perle ormai opache, e con i lacrimoni e il musino di chi trova ancora l'infanzia nei primi segni del tempo, aprì la bocca e sussurrò:
- Ad ogni tramonto mi siedo sulla riva con l'unica compagnia della schiuma di mare e ad ogni tramonto giunge un giovane ladro a portarmi le sue sporche perle per osservarle e stimarne il valore. Ma di una cosa voi ladri mai vi curate. L'averle rubate porta via con sé il tempo impiegato per farle crescere, per farle germogliare. Potete concederle ai porci, alle civette, alle galline accovacciate. Nessuno di voi le vedrà mai luccicare, non vedrete mai il loro riflesso.
Si girò e corse verso il mare. Posò la schiena e si lasciò trasportare via dalla corrente.
L'acqua la prese, inghiottita dalla sua bocca salata. La mattina seguente John tornò all'alba sperando di rivederla ma nel punto in cui lei si era abbandonata c'era qualcosa di nuovo. Una roccia liscia, riflettente, rosa, blu e bianca. John disperato vi mise le mani addosso e di colpo vi restò attaccato. Compreso adesso il suo errore lasciò che il corpo aderisse del tutto alla roccia. Rimase con lei.

Se solo nella vita avesse avuto prima, anche solo per un attimo qualcosa di altrettanto autentico e pulito. Come il mare profondo e blu.